venerdì 5 maggio 2017

1348, la Peste Nera

1348, la peste nera
di Sergio Sailis
La “Peste Nera”, terribile flagello tipico del Trecento di boccacciana memoria.
Come scrisse lo Zurita “... Fue esta pestilencia tan contagiosa y terrible que morían las gentes casi repentinamente; y de Italia pasó a Sicilia y Cerdeña y después a Mallorca. [...] Y fue una de las más generales y fieras mortandades que se lee haber habido jamás; y así se llamó la gran mortandad ...”. Così come gli altri territori della Corona catalano-aragonese quindi anche la Sardegna non ne era rimasta immune anche se probabilmente venne colpita in maniera meno drammatica rispetto ad altre zone europee. Al contrario delle epidemie successive (come ad esempio l’altrettanto famosa “peste barocca” del ‘600 per la quale ci si può basare in parte sui “Quinque Libri”) mancano purtroppo dati certi sulla reale rilevanza dell’epidemia e sul suo evolversi per cui per una valutazione sulla sua incidenza ci si affida principalmente a delle stime che per forza di cose risultano scientificamente poco attendibili. Sempre secondo lo Zurita oltre a Cagliari, che cita espressamente y hubo muy grande mortandad en la ciudad de Cáller”, l’epidemia, unitamente alle contemporanee operazioni belliche in corso nel periodo, ebbe conseguenze di un certo rilievo ma il cronista purtroppo non riporta di altre località sarde colpite così come del resto nella maggioranza dei documenti catalano-aragonesi dove, pur non mancando generici riferimenti sullo stato di desolazione in cui versava l’isola, non sono presenti dati utili per una statistica anche approssimativa.

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comunicazione morte della
Regina Eleonora

Naturalmente ad essere colpiti erano tanto le fasce misere della popolazione quanto le personalità di alto rango ed infatti non venne risparmiata neppure la stessa figlia minore di Pietro IV d’Aragona, l’Infanta Maria (che perse la vita a Valencia in tenera età qualche giorno prima del 13 giugno 1348), la moglie Eleonora di Portogallo (morta il 30 ottobre 1348) così come, per restare sempre nell’ambito della famiglia reale, nei primi giorni di maggio, proprio all’inizio della diffusione dell’epidemia, morì anche Giovanna di Foix, moglie del Conte Ribagorza zio di Pietro IV.
 
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comunicazione morte
dell'Infanta Maria
Negli stati peninsulari della Corona, dove peraltro era in corso una rivolta nobiliare, la situazione si fece delicata anche sotto l’aspetto dell’ordine pubblico con lo scoppio di disordini e saccheggi di abitazioni rimaste incustodite per la morte dei proprietari e che in molte località, causa l’ incitamento di alcuni ecclesiastici, sfociarono in una vera e propria caccia agli ebrei che divennero il capro espiatorio essendo ritenuti responsabili del diffondersi della malattia mentre nel Regno di Maiorca, a causa dei decessi, le autorità non erano più in grado potersi validamente difendere da eventuali attacchi pirati o tunisini e richiedevano pertanto urgente aiuto alla Corona che dispose l'armamento di diverse galere per il pattugliamento delle coste.

Per quanto riguarda specificatamente la Sardegna invece, il 5 novembre 1348 Pietro IV scrive un memorandum con istruzioni ai suoi ambasciatori presso la curia avignonese e tra i punti da mettere all’attenzione del pontefice Clemente VI ci sono proprio alcune circostanze riguardanti gli effetti della peste nel Regno di Sardegna. Il sovrano infatti afferma che “... per la gran mortaldat que es stada en Serdenya, es la isla quax despoblada ... “ tanto da non poter essere difesa nonostante abbia inviato della gente appositamente per ripopolarla. Per porre rimedio alle “grans pestilencies e mortaldats que son stades en la terra” e per favorire il ripopolamento dell’isola, avanza quindi la richiesta al pontefice affinché conceda la dispensa a chi, di qualunque condizione sociale, intendesse sposarsi nonostante la consanguineità entro il terzo grado di parentela o affinità. La dispensa inoltre era ovviamente anche per il sovrano in quanto intendeva risposarsi immediatamente con l’infanta Eleonora di Sicilia.
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istruzioni relative al caso Sardegna
 
Naturalmente la peste non risparmiò neanche i feudatari iberici presenti in Sardegna tanto che il sovrano sei mesi prima, il 6 maggio 1348, scrive al Governatore del Regno di Sardegna e Corsica, Rimbau de Corbera, disponendo che provvedesse ad assegnare a dei catalani i beni in feudo o in enfiteusi che erano rientrati alla Curia Regia a causa del morbo “... propter pestilencialium infirmitates ...” segno evidente che occorreva compensare i decessi con nuova linfa anche perché contemporaneamente era in atto la pericolosa rivolta dei Doria che dopo la vittoria conseguita a “s’aidu de su turdu” nel 1347 avevano stretto d’assedio la città di Sassari.
Anche per quanto riguarda la Trexenta abbiamo probabilmente alcuni casi. I fratelli Bernat e Pere de Sitges per esempio, feudatari di Barrali però residenti a Castell de Caller, rimasero entrambi colpiti da una malattia che nel 1348 portò al decesso del primo. Durante la malattia di Pere un altro suo fratello, Guillem, il 1° maggio 1348 presentò una supplica a Pietro IV affinché il sovrano derogasse al “mos Italiae” con cui era stato concesso il feudo di Barrali e potesse pertanto succedere al fratello qualora lo stesso fosse morto senza eredi; il sovrano accettò la richiesta ma per sua fortuna Pere riuscì a sopravvivere e a continuare la sua attività in Sardegna.
Un altro caso è quello di Ramon II ça Vall il quale, già feudatario delle ville di Gesico, Corongiu, Cebolla, Pirri e Sanvetrano per eredità dell’omonimo padre, alla morte senza eredi maschi di Nicola Carroç il 10 novembre 1347 aveva acquistato dalla curia regia anche le ville di Mandas, Escolca e Nurri da questo possedute. Il ça Vall però non riuscì a prendere materialmente possesso di queste ville in quanto la peste lo colpì mentre si trovava a Barcellona nell’agosto del 1348 e pertanto alla sua morte i suoi possessi vennero ereditati da suo figlio ancora minorenne Ramonet e per suo conto gestiti dalla nonna paterna Caterina.
Non abbiamo invece dati concreti relativi all’andamento dell’epidemia sul resto della popolazione della Trexenta. Nonostante nel passato alcuni studiosi abbiano messo in relazione la peste con il gran numero di abbandoni di centri abitati trexentesi, confrontando le “ville” del 1322 con quelle del 1359, salvo il caso di Turri che in quell’anno si avviava al completo spopolamento, possiamo escludere che questo sia avvenuto e che la loro scomparsa deve essere invece ascritta più propriamente agli ultimi lustri del secolo e ai primi del ‘400.
Nel citato periodo intercorrente tra 1322 e il 1359 assistiamo anzi alla fondazione (o meglio alla rifondazione in quanto spopolatosi nel secolo precedente) di un nuovo centro abitato: Frius; il neonato villaggio riuscirà infatti a superare il periodo critico della post-fondazione (in genere quello più delicato) nonostante il sopraggiungere dell’epidemia e, qualche anno dopo, della rivolta arborense che interessò anche il territorio trexentese e probabilmente proprio quello di Frius in modo particolare in quanto situato nella via per il castello Orguglioso (Silius) che verrà distrutto dalle truppe di Mariano IV nel 1353.

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