lunedì 6 febbraio 2017

Ortacesus

Immagini della Trexenta ottocentesca: Ortacesus
 
ORTACESUS, villaggio della Sardegna nella provincia di Cagliari e nel mandamento di Guasila, compreso già nel dipartimento della Trecenta del giudicato di Plumino.
La sua situazione geografica è nella latitudine 40°, 32', 30", e nella longitudine occidentale dal meridiano di Cagliari 0°, 2', 30".
Trovasi questo paese nella parte più bassa del bacino della Trecenta attorniato da una estesa palude e prossimo alla sponda sinistra delle acque che discendono dalle terre di Seùni, nate dalle fonti meridionali del monte san Mauro, coperto da’ venti boreali per queste eminenze, da’ levanti per le eminenze della Trecenta orientale, dal maestro e da ponente per le colline di Segariu e di Serrenti. Per tanto il calore è assai intenso nell’estate, e regna quasi sempre a certe ore una forte umidità, e soventi il paese resta involto nella nebbia. È questa la regione che sia più insalubre nella Trecenta.
Il territorio di Ortacesus non è maggiore assai di miglia quattro, tutto nel piano, sul quale spuntano alcune rupi presso il paese, coperte in cima di fichi d’India, e in sul confine con Guasila, nella regione appellata Siocco, una collina coronata d’un nuraghe, domu de Orcu.
Dopo notato quel rivolo, noteremo due fonti, una che dicesi Funtana-bangiu (la fonte del bagno), d’intorno alla quale sono materiali di antica costruzione e si osservano anche alcune caselle; l’altra Sa mitza Siddi, dove per le vestigie che si vedono si suppone sia stato in altri tempi un paese detto Siddi; un’altra presso la chiesa di s. Bartolommeo, e una quarta a piè della detta collina. Nel paese bevesi dai pozzi, che danno acque pesanti e salmastre.
Egli è solamente ne’ fianchi della medesima che si trovano degli alberi, fra’quali moltissimi olivastri. Una parte de’ medesimi è stata ingentilita e apporta bei frutti.
 
Popolazione. Non sono forse sette anni che erano in Ortacesus anime 491, che si distinguevano in maggiori di anni 20, maschi 135, femmine 132; minori 133, femmine 91, e si distribuivano in famiglie 120.
I comuni numeri del movimento erano di nascite 12, morti 8, e di matrimoni 2.
Le malattie ordinarie sono infiammazioni di vario genere e febbri intermittenti nell’estate ed autunno.
Non si ha nel paese che un flebotomo.
Dopo quanto abbiam notato sulla insalubrità di questo sito, donde dovrebbonsi sradicare le abitazioni per traspiantarle sotto un cielo migliore, se un viaggiatore passi sul luogo non potrà non partire meravigliato vedendo che generalmente in aria così malsana godesi di buona salute, osservando uomini robusti e aspetti di forte sanità al contrario di ciò che avviene in altre regioni, di Francia e di Italia, dove le fisionomie intristite e le membra floscie e languide accusano il vizio del cielo.
Vorrei che questo che ho detto del trapiantamento delle abitazioni da luoghi così tristi in siti migliori fosse considerato, e si stabilisse il modo come effettuarlo entro un certo numero di anni.
La proposta può effettuarsi più facilmente che non si crede, massime se il luogo eletto sia non molto distante, perchè le costruzioni a mattoni crudi (làdiri) sono poco costose. I benestanti potrebbero i primi stabilirsi nella nuova situazione designata dal governo, e poi di mano in mano gli sposi potrebbero preparare presso alle prime le loro case, fabbricando secondo un disegno prestabilito. In questo modo senza gran dispendio e incomodo nello spazio al più di 30 anni sorgerebbero le nuove popolazioni, e il posto che hanno le prime sarebbe occupato dall’agricoltura.
Gli ortacesini son buona gente e laboriosa, e quasi tutti dediti all’arte agraria, eccettuati alcuni pecchioni, che diconsi letterati o notai.
Le donne travagliano ne’ loro telai principalmente alla tessitura delle tele.
Alla scuola primaria non concorrono più di sei fanciulli.
 
Agricoltura. Le terre umorose di Ortacesus, quando le piogge non sono troppo frequenti, spiegano la loro virtù in una vegetazione stupenda e danno larghissimi frutti; in caso contrario le radici si guastano e i seminati riescono infelicemente.
Nella seminagione spargonsi solitamente starelli di grano 700, d’orzo 120, di fave, ceci e altri legumi 300.
Se le stagioni procedano favorevolmente alle condizioni di questo suolo non è molto che abbiasi una comune nel grano del ventuplo, nell’orzo del 18, ne’ legumi del 16.
Le spezie ortensi prosperano nel terreno acquidoso, che ho notato intorno alle abitazioni, principalmente i melloni, i cocomeri, le zucche ecc., da’ quali hanno questi coloni un considerevole lucro.
La vigna non è in luogo assai favorevole perchè i grossi grappoli delle viti dieno un mosto, da cui si depuri un vino di molta bontà.
I fruttiferi sono in piccol numero, e gli ortacesini non sanno profittare della bontà del terreno per quegli alberi che amano terreni umidi e regioni calide, specialmente i cedri.
I predi sono tutti cinti di fichi d’India, che giovano coi frutti, che a’ poveri son parte di sussistenza per due mesi, e nuocono per le foglie cadute che si lasciano imputridire e accrescono la malignità dell’aria, giustamente detestata dai passeggieri.

Pastorizia. Pascono nel prato comunale e ne’ poderi, buoi 126, vacche manse 25, giumenti 100.
Si hanno quindi per sella e trasporto cavalli e cavalle 40, e si nutrono 50 majali incirca.
Il bestiame rude pascola nelle terre di riposo e ne’ salti, e i vari branchi avranno poco più di capi 2100, e dirò vacche 150, cavalle 50, pecore 1500, porci 400.
Dalle pecore appena si ha il formaggio sufficiente a’ bisogni del luogo.
Di rado i branchi patiscono per poco alimento e per la bevanda, perchè la terra umida produce erba fresca anche nell’estate, e il rivo, che dicono di Piscina-calenti, volge nella sua corrente acque limpide.
 
Pesca. Nel rivo suddetto trovansi anguille ben grasse e delle trote di ottimo gusto.
 
Commercio. Ortacesus distando sole tre miglia dallo stradone può in tempo asciutto mandar su quello i suoi carri con i sacchi del frumento e degli altri cereali, che sopravanzano alla consumazione delle famiglie, e ricevono in prezzo lire nuove 30 mila; ma in tempo piovoso i buoi e i cavalli devon consumare le loro forze per uscire da’ pantani, donde accade che debban operare le forze di molti uomini per estrarli.
 
Religione. Questo paese che era, come notammo di Orroli, nella giurisdizione del vescovo Doliese, ora è nella diocesi di Cagliari, e si amministra nelle cose spirituali da un prete, che è qualificato rettore ed ha ausiliari altri due sacerdoti.
La chiesa parrocchiale è dedicata a s. Pietro Apostolo.
Nelle chiese minori è a notare, dentro il paese la cappella di s. Lucia v. e m., che in altri tempi fu chiesa principale, fuori del paese la chiesa di s. Antonio abbate rinchiusa nel ricinto del campo santo, in distanza di 300 passi ordinari dall’abitato, e quella di s. Bartolommeo già rovinante, presso alla quale è la sunnotata fonte.
 
Antichità. Delle medesime abbiam fatto cenno più sopra. Forse è vero che là dove vedonsi quegli indizi di abitazioni distrutte erano in altri tempi se non villaggi, almeno corti, cioè grandi poderi di persone principali, ove stanziavano gli schiavi addetti all’agricoltura con le loro famiglie per lavorare a profitto de’ loro padroni. Negli antichi diploma è frequentissima la menzione di siffatte corti, e de’ servi e delle ancelle di tutti i giorni (de cada di), o di alcuni giorni nella settimana. In un antico diploma di donazione del cantone di Trecenta o Tregenta fatta dal giudice Trogodorio, giudice di Cagliari, o Plumino, al suo figlio Salusio di Lacon, è menzione di alcuni de’ luoghi nominati, siccome di ville allora esistenti, e noi ne trascriveremo un tratto perchè si veda la maniera d’infeudazione che usavano i sovrani sardi, e abbiano i lettori un altro saggio del volgare che in quei tempi era usato.
«In nomine P. et F. et SS. Amen. Ego Judigi Trogodori pro voluntadi de donnu Deu potestandu parti de Caralis, pro puru amori ki apo a filiu meu Salusiu de Lacon, de gradu et de certa scientia li fatzu donationi limpia (dal lat. limpida, cioè pura) et irrevocabili inter bios (vivi) dess’Incontrada de Tregenta a issu et a filios suos et heredis suos et generationi sua, dessa dicta Incontrada de Tregenta et de sas villas populadas et kena (senza) populari, et saltos, terminis, vassallos, hominis et feminas, domus rios (rivi), mitzas (sorgenti), funtanas, montis et pasturas, sylvas, molentis (asini che macinano) et alteros pegus (capi) de bestiamini, et totu sos alteros deretos et pertinentias et confinos dessa dicta Incontrada de Tregenta cum totu sa jurisdictioni alta et baxia, civili et criminali… sas quales villas, saltus, terminis, et làcanas (confini) sunt custos: sa villa de Goy majori, sa villa de Sèlegas, sa villa de s. Sadurru, sa villa de Sehuni, sa villa de Sitxi, sa villa de Simieri, sa villa de Arcu, sa villa de Senorbì, sa villa de Segollai, sa villa de Arigi Mangeta, sa villa de Arigi picciu, sa villa de Planomois, sa villa de s. Basili, sa villa de Frius, sa villa de Donnigala alba, sa villa de Alluda, sa villa de Villacampu, sa villa de Bacu de Otgo, sa villa de Fugas de Sitei, sa villa de Baralba, sa villa de Funtana Sinni, sa villa de Sii, sa villa de Dey, sa villa de Lery, sa villa de Siocho (già sunnotata), sa villa de Sebera, sa villa de Surbou, sa villa de Ortachesus, sa villa de Turri, sa villa de Baniu de Sixi, sa villa de Pau, sa villa de Fraus, sa villa de Sacariu, sa villa de s. Justa dessa Negi, sa villa de Goy-esili (oggi Guasila), et totu sas alteras villas, qui siant dintru dess’Incontrada de Tregenta: sa quali Incontrada … … donamus a filiu nostru Salusiu de Lacon et pro amori paternali et pro contemplationi dessu matrimoniu, ki issu fagit de voluntadi nostra cum donna Adalasia; et custa donationi volemus ki siat irrevocabili, et volemus ki siat pro issu et pro tota sa generationi sua de legitimu matrimoniu ecc.».
 




[1] Vittorio ANGIUS, in Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna (a cura di Goffredo CASALIS), vol. XIII, Torino 1845, pagg. 565-570.

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