martedì 19 maggio 2015

La sconfitta di Leonardo d’Alagon a Macomer (1478)

La sconfitta di Leonardo d’Alagon a Macomer
(di Sergio Sailis)


Per non dimenticare.
Accadeva in quel di Macomer il drammatico 19 maggio 1478:

“… Fu strage da entrambe le parti e ovunque effusione di sangue: in questo frangente furono proprio i Sardi a dare, da par loro, prova di grande valore in battaglia. Tuonarono terrificanti le urla dei combattenti, volarono saette e sassi, furono scagliate torce infuocate e palle di piombo; accecati ormai dal furore bellico, non si curavano neanche più di scegliere il proprio bersaglio: tiravano in aria, provocando nel cielo una violenta tempesta di dardi che poi precipitavano a pioggia, e ne cadeva una tale miriade che la polvere sollevata da terra a un certo punto oscurò completamente la scena, proprio come se su quella battaglia fossero calate le tenebre; neppure i soldati chiusi nell’ammorsamento nemico si astenevano dall’usare le armi: con la lotta e col sangue tentavano disperatamente d’aprirsi un varco. Scudi in frantumi, corazze ed elmi passati dalle spade, petti trafitti, volti e membra coperti di sangue, mani e braccia amputate; si può dire, nessuno cadde in battaglia senza aver prima ferito di spada o aver ucciso qualcuno.

E così, in un sol giorno, i Sardi furono quasi sterminati dagli stessi Sardi: fra loro non vi era nessuno che non avesse la spada grondante sangue …”[1].
Immagine tratta da
Proto ARCA SARDO, De bello et interitu Marchionis Oristanei, (a cura di Maria Teresa LANERI)
 

In questo modo Proto Arca Sardo (qui nella traduzione di M.T. Laneri) descrive il tragico epilogo della battaglia combattuta a Macomer 537 anni fa nella quale le milizie di Leonardo d’Alagon, marchese di Oristano e conte di Goceano, subirono una cocente quanto risolutiva sconfitta ad opera delle truppe capitanate dal viceré di Sardegna Nicola Carroç suo acerrimo e antico nemico. Si concluse così un annoso conflitto che aveva visto il fior fiore della feudalità sardo-catalana schierarsi e combattersi su fronti contrapposti senza esclusione di colpi a volte con scontri in campo aperto altre volte con scorrerie, ruberie omicidi e rappresaglie nei territori dei rispettivi rivali. Ma non solo, questa sconfitta sancì anche la definitiva fine delle lotte per una Sardegna indipendente dalla corona aragonese.


foto del castello di Xativa tratta da http://www.valenciaterraimar.org

Sbaragliato sul campo di Macomer il Marchese con alcuni fedelissimi (i suoi tre fratelli Salvatore, Giovanni e Luigi, i suoi due figli Giovanni e Antonio oltre che Giovanni de Sena visconte di Sanluri) fu costretto alla fuga e raggiunta Bosa, dove ricevette la notizia che nella battaglia era morto anche il figlio Artale, s’imbarcò per raggiungere la penisola ma in seguito al tradimento di Giovanni Saragozza, patrono della nave, venne consegnato all’ammiraglio aragonese Joan de Vilamarí e dirottato a Palermo da dove i prigionieri furono successivamente trasferiti a Barcellona, dove la pena capitale venne dal sovrano commutata in carcere a vita, finendo così rinchiusi nella fortezza di Xativa nel Regno di Valencia.

Entrata del castello

Due di questi prigionieri erano strettamente legati alla Trexenta: Salvatore d’Alagon signore dell'Incontrada, per aver sposato Isabella de Besora i Civiller, e Giovanni de Sena, cognato di Marchesia sorella di Isabella, a suo tempo rimasta vedova di Pietro de Sena.

 

Dell’episodio militare sopra citato esistono diverse versioni che, a seconda dell’orientamento politico dell’autore, mettono in risalto le responsabilità tattiche del Marchese Leonardo oppure del figlio Artale piuttosto che la capacità militare del Vicerè Carroç che comunque vale la pena ricordarlo soltanto qualche anno prima era stato duramente sconfitto da Leonardo nella battaglia di Uras combattuta nell’aprile del 1470.

 

Così lo Zurita: “ … Sabiendo esto el marqués, se puso muy en orden para esperallos en Machomer, a donde llegó el visorrey de Cerdeña un lunes a 18 del mes de mayo; y tuvo aquella noche su campo bien apercibido. Y otro día martes, a una hora del día, estando a una legua del lugar y castillo de Machomer, salió el marqués al campo a darles la batalla y fue en ella rompida y vencida su gente; y murieron peleando don Artal de Alagón su hijo y algunos caballeros y hombres de armas y mucha gente de caballo y de pie. Salióse de la batalla el marqués en un caballo muy corredor; y entendiendo que iba camino de Gociano deliberó el visorrey de combatir primero el castillo de Machomer y después ir en su seguimiento, pero aquel día se fue el marqués a Bosa …”.

Il castello di Xativa così come raffigurato nel 1563 da Anthonie van den Wyngaerde  
 

Le fonti concordano sul decisivo comportamento tattico del Vicerè. Sono controverse invece sulla responsabilità tra le file marchionali. Alcuni la imputano ad Artale mentre altri come B. Gerp (che assistette allo scontro) asseriscono che la responsabilità sia da addebitare a Leonardo Alagon.

“ … Di contro, come i fati avevano prescritto, lo sventurato marchese mosse disordinatamente all'assalto; cosicché, prima che il sole arrivasse allo zenit, il destino distruggeva le soldatesche dell'infelice Leonardo. Tuttavia era stato lui a scatenare per primo la battaglia.
Lo spazio perché la cavalleria (del marchese) potesse prendere la rincorsa era insufficiente; allorché il terrore invase i Sardi marchionali, (....) essendosi sparpagliata la moltitudine, tutti si diedero alla fuga prima che si sviluppasse la battaglia.
Comunque, l'esercito dell'infelice marchese aveva levato per primo il grido di guerra contro i nemici, però senza un piano di battaglia e senza un comando, e si era mosso all'attacco con i dardi; ma la cavalleria, mandata all'assalto senza comandante e con destino avverso, fu sopraffatta. Infatti il terreno era irto di sassi e scosceso, e il destino avverso. Gli eserciti si scontrarono e si consumò una battaglia tremenda … “
 
Lo sfortunato Marchese finì i suoi giorni rinchiuso nella fortezza valenzana e il mattino del 3 novembre 1494 passò a miglior vita "como bueno y catòlico" dopo 16 lunghi anni di prigionia.



 

 



[1] Proto ARCA SARDO, De bello et interitu Marchionis Oristanei, (a cura di Maria Teresa LANERI), Monastir 2003, pag. 80 con traduzione a pag. 81.

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