San Salvatore di Bangiu de Aliri (Guasila)
di Sergio Sailis
Da tempo immemore i guasilesi
festeggiano sentitamente N.S. d’Itria per cui il lunedì successivo alla
Pentecoste si recano in solenne processione da Guasila alla località di “Bangiu”
per portarvi la statua della Madonna; in questa località viene celebrata la
messa in onore della santa (sino a non tanto tempo fa venivano organizzati
anche balli, canti e pranzi all’aperto ma oggi questo aspetto laico sta via via
cadendo in disuso) e i festeggiamenti si concludono il giorno successivo con il
rientro del simulacro a Guasila dove viene custodito nella parrocchiale.
La chiesa campestre di “Bangiu” è
quanto ci rimane del villaggio medioevale di Bangiu de Aliri (forma probabilmente
più corretta rispetto a Bangiu de Arili presente in molti documenti tra cui
quello di cui appresso) il cui territorio dopo l’abbandono del centro abitato verso
la fine del XIV sec. (secondo la tradizione dovuta a “sa musca maccedda” ma in
effetti da imputarsi a carestie, pestilenze e soprattutto alla guerra tra
l’Aragona e l’Arborea) venne incorporato dalla confinante Guasila.
Tra i documenti custoditi
nell’Archivio della Corona d’Aragona a Barcellona ne esiste uno che ci informa come
la parrocchiale di Bangiu de Aliri , altrimenti ignota, fosse intitolata a San
Salvatore:
"Item ecclesiam Santi Salvatori de
Bancho de Arili - XXV libres”; ossia che la rendita da sottoporre a tassazione
per le decime della chiesa di San Salvatore di Bangiu ammontava a 25 libbre. Da altri documenti coevi sappiamo che il rettore della
chiesa all’epoca era il presbitero Symone de Acra.
Si tratta della prima
attestazione scritta sull’intitolazione della chiesa del villaggio e purtroppo
non sappiamo se questa di San Salvatore sia la medesima di N.S. d’Itria che oggi
conosciamo (con il cambiamento dell’intitolazione avvenuto nel corso dei secoli
come a volte accadeva specialmente con quelle dedicate alla Vergine d’Itria) oppure
fosse un’altra chiesa della quale attualmente non rimane traccia neanche a
livello toponomastico.
La leggenda ci narra di antiche
contese tra i guasilesi e gli abitanti di Samatzai relativamente al possesso della
statua della Vergine che veniva da loro ripetutamente sottratta ma puntualmente
e misteriosamente ritornava autonomamente al suo posto sino allo scoraggiamento
e alla definitiva rinuncia da parte dei samatzesi.
Come in moltissimi altri casi riscontrati
in Sardegna la tradizione di queste controversie relative al possesso delle
statue dei santi e delle chiese campestri altro non sono che gli echi di antiche
e mascherate dispute di confine tra villaggi confinanti. Nel caso specifico sia
i samatzesi che i guasilesi intendevano appropriarsi e sfruttare economicamente
i terreni dell’ormai spopolato villaggio di Bangiu; alla fine ebbero la meglio i
guasilesi che, per affermare e consolidare l’appartenenza della chiesa (e
sopratutto dei territori circostanti) alla loro comunità, finirono per
organizzare periodicamente la festa e la processione che ancor oggi si tiene
annualmente.
Tra la fine del XIV e l’inizio
del XV secolo infatti a seguito di un periodo turbolento causato dalle continue
guerre tra Aragona e Arborea, Samatzai, o meglio i feudatari che possedevano Samatzai,
erano già entrati in possesso dell’ormai spopolato (almeno dal 1432) villaggio
trexentese di Aliri che distava da Bangiu (anch’esso spopolatosi più o meno
nello stesso periodo) appena un km in linea d’aria.
Il villaggio di Aliri era infatti
situato ai piedi della collina nota come “su Pranu ‘e Obiri” nel versante meridionale
ossia quello opposto a “Bangiu” e più precisamente dove oggi sorge la chiesetta
campestre dedicata a San Pietro recentemente ricostruita ad opera dei samatzesi
che anche loro festeggiano in modo analogo a quanto si fa a Guasila con N.S.
d’Itria.
Mentre però Bangiu de Aliri anche dopo il dominio pisano rimase unita
al resto della Trexenta (che nel 1421 venne concessa a Giacomo de Besora) gli
eventi storici portarono invece Aliri a seguire definitivamente le sorti di
Samatzai alla quale venne aggregato il suo territorio.
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