giovedì 6 giugno 2013

La localizzazione dei Galillenses e dei Patulcenses

LA LOCALIZZAZIONE DEI GALILLENSES E DEI PATULCENSES
di Massimo Pittau (*)
La localizzazione dei Galilenses, la tribù della Sardegna antica che, secondo la testimonianza della Tavola bronzea di Esterzili (CIL X 7852), era venuta in contesa coi Patulcenses per il possesso e lo sfruttamento di terreni, era stata data, con notevole sicurezza, già dal primo studioso che aveva affrontato l' analisi di quell' insigne reperto storico-archeologico, Giovanni Spano. Il benemerito canonico, basandosi su due testimonianze del Fara, che parlavano di una regio curatoriae Gerreis seu Galillae dicta e di un oppidum Pulli curatoriae Galilli nunc Gerrei dictae, aveva sensatamente concluso che i Galillenses in antico risiedevano nella regione che attualmente si chiama appunto Gerrèi. E Galila sarebbe stata anche la capitale della regione <1>.
In epoca più recente era intervenuto, a convalidare fondamentalmente la tesi dello Spano, Raimondo Bachisio Motzo, il quale aveva presentato documenti medioevali più antichi di quelli del Fara, e precisamente la Legenda Sanctissimi Praesuli Georgii Suellensis, dove viene citato un villaggio denominato Galillium <2>. In epoca ancora più recente il

linguista Gian Domenico Serra aveva proceduto a identificare questo villaggio di Galillium con Paúli Gerrèi, attualmente San Nicolò Gerrèi <3>.
Finalmente nel 1978 è intervenuta Marcella Bonello Lai innanzi tutto per riassumere l' intera questione, in secondo luogo per presentare altri documenti medioevali che parlano della curatoria di Galila o Gerrei ed infine per dichiarare di accettare quella localizzazione dei Galillenses appunto nell' attuale regione della Sardegna sud-orientale chiamata Gerrèi <4>. Questa localizzazione è stata recepita dal Meloni, il quale infatti, nella sua opera La Sardegna romana tutte le volte che cita i Galillenses, non tralascia di aggiungere "stanziati nel Gerrèi" <5>.
Tutto ciò premesso, come linguista in primo luogo mi sento di poter intervenire per far osservare che il fatto che l' etnico Galillenses risulta nella Tavola di Esterzili una volta citato come Galilenses, ossia con la liquida scempia o debole, non è detto che si debba considerare un errore ortografico, come ha ritenuto di segnalare Enzo Cadoni <6>: abbiamo infatti buone prove per affermare che nella lingua dei Sardi/Nuragici c' era indifferenza fra la consonante -l- debole e quella -ll- forte, come mostrano i seguenti esempi di toponimi sicuramente paleosardi: innanzi tutto il toponimo Galíle di Orune e dopo i seguenti Goléi o Golléi (Lula), Ololay (ant.), Ollolái e Ollollái; Urzuléi e Urzullè (villaggi, NU); Biscolái e Biscollái, Tertílo e Tertíllo (Núoro), Irillái (Núoro) e Irilái (Oliena), Osala e Osalla (Oroséi), ant. Uselis ed Usellis (= odierno Usellus, OR). D' altronde è un fatto che anche in qualche varietà del campidanese odierno si registra tuttora questa indifferenza rispetto alla -l- debole oppure -ll- forte.
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La Bonello però non si è limitata a convalidare quella localizzazione dei Galillenses, che era stata prospettata già prima di lei, ma ha ritenuto di poter procedere a localizzare la sede dell' altro popolo richiamato dalla Tavola di Esterzili, i Patulcenses. A suo giudizio i Patulcenses erano stanziati nella zona dell' attuale villaggio di Dolianova, in provincia di Cagliari, il quale costituisce il centro di una zona molto adatta alla attività agricola. La studiosa ha motivato la sua scelta in base al noto e controverso passo di Varrone (De re rustica, I, 16, 2), secondo il quale «Molti terreni fertili non conviene coltivarli a causa delle depredazioni dei vicini, come alcuni in Sardegna che sono presso Oelie» (Multos enim agros egregios colere non expedit propter latrocinia vicinorum, ut in Sardinia quosdam qui sunt propre Oeliem), decidendo pertanto di interpretare anche lei il controverso e quasi sicuramente corrotto toponimo Oeliem riportato dai codici di Varrone come il precedente antico e classico della medioevale curatoria di Parti Olla o Dolia e del villaggio odierno Dolianova <7>. E la studiosa ha da parte sua ritenuto di poter inserire gli episodi del conflitto più che secolare che aveva contrapposto i Patulcenses ai Gallilenses esattamente nel quadro politico-militare e socio-economico delineato da Varrone.
Premetto che nel presentare oggi una tesi differente da quella della Bonello, dichiaro di riconoscere appieno la validità storiografica del suo studio citato ed inoltre dichiaro che la mia odierna proposta è anche il frutto dell' analisi attenta che ho fatto delle tesi ed ipotesi della egregia collega. A me dunque sembra che si possano muovere alla interpretazione della Bonello le seguenti obiezioni:
1) Non risulta affatto che il toponimo Parti Olla o Dolia esistesse anche in epoca antica e classica; di certo noi sappiamo solamente che esso compare nel Medioevo.
2) E' molto improbabile che la zona indicata da Varrone fosse quella della odierna Dolianova, dato che è poco verosimile che i governatori romani che risiedevano a Cagliari non avessero i mezzi e la volontà di difendere dagli attacchi dei montanari questa zona che distava appena 15 miglia (= 21 chilometri) circa da Cagliari. In quest' ordine di idee a me sembra molto più ovvia la correzione che è stata già proposta del toponimo controverso Oeliem in O<us>elis, cioè nell' antico Usel(l)is uguale all' odierno Usellus (OR). Anche la zona di Usellus era ed è molto adatta allo sfruttamento agricolo, ma era troppo lontana dalla capitale della provincia, Cagliari, e cioè 60 miglia circa (= 76 chilometri) per poter essere efficacemente difesa dalle razzie dei montanari. In subordine a questa specifica interpretazione che io preferisco, riterrei che Oliem potrebbe essere emendato e interpretato pure come Olbiam. Anche la piana posta ad occidente di Olbia infatti poteva ben essere adatta alla attività agricola, ma aveva su di sé la continua minaccia delle razzie degli antichi popoli delle montagne sarde, Iliesi e Balari e Corsi della Gallura.
3) Alla dislocazione dei Patulcenses nella zona di Dolianova si oppone il sito del ritrovamento della famosa tavola: Esterzili. Mi sembra che nessun autore sia posto espressamente la domanda e tanto meno abbia cercato di trovarvi una risposta, perché mai la tavola sia stata trovata appunto ad Esterzili. Per tentare di dare una risposta a questa domanda si deve innanzi tutto ricordare e sottolineare che la tavola riportava una sentenza pronunziata dal governatore della provincia, il proconsole L. Elvio Agrippa, la quale, alla fine di una lunga controversia, dava piena ragione ai Patulcenses. Sicuramente sono stati proprio questi a volersi fare la copia della sentenza e addirittura a farla incidere sul bronzo. E' pertanto evidente che la tavola in origine era in possesso dei Patulcenses e quasi sicuramente risultava murata in un loro edificio sacro, anche al fine di attirare su di essa la garanzia e la protezione della relativa divinità. Ma il fatto che la tavola sia stata rinvenuta ad Esterzili e cioè in territorio differente da quello dei legittimi proprietari, fa chiaramente intendere che essa era stata trafugata a questi. Trafugata da chi e per quale scopo? Cui proderat?, a chi poteva giovare questo trafugamento? A me sembra che non possano esistere dubbi circa la risposta da dare a queste domande: la tavola era stata trafugata, con l' incursione di qualche loro commando, proprio dai Galillenses, quelli che dalla sentenza incisa su di essa avevano subìto la condanna. Perché i componenti del commando galillense l' avranno trafugata? L' avranno trafugata a titolo di beffa e dileggio per i loro avversari, i Patulcenses, ed insieme a titolo di trofeo di guerra da esibire ai loro connazionali Galillenses, con la ovvia riserva di distruggerla dopo ed anche di recuperarne il prezioso metallo. Il fatto però che la tavola non sia stata distrutta lascia intendere che essa sia andata smarrita, magari in un azione di inseguimento subìto dai trafugatori da parte dei trafugati.
Dunque anche il sito di ritrovamento del prezioso reperto storico-archeologico, l' agro di Esterzili, ci assicura che i Patulcenses non abitavano affatto nella zona piuttosto lontana di Dolianova, ma abitavano a stretto contatto coi Galillenses, in una zona, se non contigua ad Esterzili, di certo più vicina di quella di Dolianova. A questo proposito io ritengo che abbia uno speciale significato la circostanza che la stazione militare romana di Biora o, assai meglio, Flora fosse situata nelle vicinanze di Serri: quella stazione militare in effetti risultava interposta fra Esterzili ed i Patulcenses e quindi in difesa di questi dalla persistente pressione dei Gallilenses <8>.
Ripeto: il sito di ritrovamento della tavola, l' agro di Esterzili, esclude con notevole sicurezza che i Patulcenses abitassero nella zona di Dolianova; se questo fosse stato, infatti, i trafugatori galillensi della tavola, non si sarebbero indirizzati verso il lontano territorio di Esterzili, ma si sarebbero indirizzati verso i più vicini centri abitati del Gerrèi.
In tutto ciò è implicita la conclusione che, pur tenendo ferma la tesi della dislocazione dei Galillenses nel Gerrèi, il loro territorio a nord arrivava fino all' agro di Esterzili, comprendendolo. E' quanto aveva sottolineato il Meloni quando aveva scritto: «I Galillensi dovevano occupare un' area molto vasta, soprattutto a nord, fino al medio Flumendosa, giustificando così, in certo modo, il rinvenimento della Tavola [....] nelle campagne di Esterzili, in località Corte 'e Luccetta» <9>.
A questo proposito io dico di respingere con decisione la tesi di Gian Domenico Serra, secondo cui il toponimo Esterzili (ant. Stertilis) deriverebbe dal nome della gens Stertinia, che avrebbe posseduto latifondi nella zona <10>. Io respingo questa tesi sia per motivi strettamente linguistici, sia perché è inimmaginabile l' esistenza di latifondi nella zona montuosa, fortemente accidentata, in cui si trova Esterzili. I Romani sapevano ben scegliere i terreni da cedere ai loro latifondisti e certamente li andavano a scegliere nelle zone piane della Sardegna e non in quelle accidentate e rocciose del centro montano dell' isola.
Per questo stesso motivo ed a maggior ragione si deve respingere l' ipotesi, che è stata pure fatta, che sia i Galillenses che i Patulcenses fossero stanziati entro l' attuale territorio di Esterzili o nelle sue immediate vicinanze <11>
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Ma se è da escludersi, per le difficoltà su esposte, che i Patulcenses fossero stanziati presso Dolianova, dove sarà stata la loro sede? Io sono per la ipotesi, già lontanamente accennata da Ettore Pais <12>, secondo cui che la sede dei Patulcenses era nella odierna Trexenta. In primo luogo è da considerare che anche questa zona è molto adatta alla coltivazione del frumento, come aveva affermato e sottolineato Vittorio Angius con questa sua considerazione: «E' questa la contrada più famosa per la produzione del frumento, che le altre più nobili per la stessa fecondità appena qualche volta possono pareggiare» <13>. In questo stesso ordine di cose è molto significativo anche lo straordinario - almeno per la Sardegna - numero di centri abitati ivi esistenti, l' uno vicino all' altro: Arixi, Barrali, Guamaggiore, Guasila, Ortacèsus, Pimentèl, San Basilio, Sant' Andrea Fríus, Segaríu, Sèlegas, Senorbì, Seúni, Sisini, Suelli <14>.
Esistono alcuni toponimi della zona, i quali danno esatta l' impressione che essa sia stata particolarmente frequentata dai Romani, militari e coloni. Innanzi tutto c' è il nome dell' intera zona, la Trexenta. La sua connessione col numerale latino trecenta al neutro salta immediatamente agli occhi di chi abbia una conoscenza anche molto superficiale del latino. Lo Spano aveva interpretato che Trexenta fosse «così appellata da trecenta oppida, o borghi che esistevano in quella vasta e fertile pianura, nella quale ovunque si scavi si trovano ruderi, monete ed altri oggetti antichi» <15>. Senonché una tale ipotesi si deve respingere senza alcuna esitazione, per il fatto che è impossibile immaginare che la Trexenta potesse ospitare un così elevato numero di centri abitati.
Per la soluzione del problema etimologico del toponimo Trexenta sono stato avviato da un suggerimento del collega Giulio Paulis, che qui volentieri e pubblicamente ringrazio: egli mi ha prospettato che dietro il numerale trecenta, sicura base del nostro toponimo, possa esserci la indicazione di una misura agraria. Dopo averci pensato un po' mi è venuta l' idea che la misura agraria sia lo iugerum latino, per cui il nostro toponimo andrebbe ricostruito come trecenta iugera <16>. Considerato che uno iugero romano misurava circa 2.500 metri quadrati, facilmente si deduce che 300 iugeri indicavano circa 75.000 metri quadrati, cioè circa 75 ettari. Però altro non mi sento di dire sull' argomento, per cui non mi resta che appellarmi agli studiosi specialisti di agrimensura romana perché tentino di appurare che cosa esattamente si possa intendere con la locuzione trecenta iugera riferita alla Trexenta. Del resto essi eventualmente potranno anche fare riferimento a qualche altra misura agricola romana, la cui denominazione però dovrà pur' essa risultare al neutro plurale da concordarsi con trecenta. In vista e nella speranza di uno studio approfondito sull' argomento segnalo che esiste in provincia di Rovigo un villaggio chiamato Trecenta, la cui denominazione quasi sicuramente avrà avuto la medesima origine del sardo Trexenta.
Il secondo toponimo che depone a favore della particolare presenza di latifondisti romani nella zona è Suelli. Nel linguaggio della zona il toponimo suona esattamente Suéddi e si comprende che Suelli sarà una ricostruzione di origine dotta o simidotta, già conosciuta nei documenti medioevali. Ebbene Suelli/Sueddi induce a pensare ad una locuzione Villa Suelli, cioè «tenuta o fattoria di Suellio». Suellius è un gentilizio ampiamente attestato in molte parti della penisola <17>. E c' è da chiedersi se la gens Suellia fosse imparentata con la gens Patulcia latifondista dei terreni occupati dai Patulcenses oppure nella Trexenta l' una fosse in concorrenza con l' altra. Evidentemente tocca agli storici propriamente detti dare una risposta anche a questo interrogativo.
Di certo Suelli è stato il centro più importante della Trexenta, come dimostra il fatto che in epoca successiva esso diventerà il capoluogo della curatoria della Trexenta ed inoltre della diocesi di Suelli.
Ci sono infine nella Trexenta alcuni altri toponimi che depongono sempre a favore di una particolare presenza dei Romani nella zona: Funtana Romana (San Basilio), che è di chiarissima origine e significazione <18>, e poi Crobeccada = «coperchiata» (Sèlegas), che in tutta la Sardegna spesso è d concordarsi con trecenta. In da cioè "strada romana lastricata" <19>. E poi, sempre a Sèlegas esiste un Pranu Lítteras, letteralmente «piano delle Lettere», di cui il secondo vocabolo quasi sicuramente fa riferimento ad iscrizioni romane scolpite in pietre miliari oppure in cippi funerari <20>.
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Ad iniziare dai Mommsen e Pais, giù giù, fino ai Serra, Meloni, alle Bonello e Boninu, ai Cadoni e Mastino, tutti gli studiosi fino ad ora hanno interpretato che l' aggettivo CAMPANI che segue il nome dei Patulcenses la terza volta in cui questi vengono nominati nella tavola, sia da intepretarsi come «originari della Campania», come dimostra anche il fatto che nella "trascrizione" del nesso sintattico l' aggettivo viene da loro indicato con la iniziale maiuscola, cioè Patulcenses Campani <21>. I Patulcenses pertanto vengono da questi autori presentati come "coloni provenienti dalla Campania". La motivazione che sta al fondo di questa interpretazione sta nel fatto che la gens Patulcia, proprietaria di fondi anche in Sardegna, pur originaria dell' Etruria, risulta essersi espansa anche nella Campania.
Personalmente ritengo che esistano buoni motivi almeno per mettere in dubbio questa interpretazione del vocabolo CAMPANI. Il nesso PATULCENSES CAMPANI infatti si può interpretare anche «Patulcensi dei campi aperti», secondo quanto consente il significato dell' aggettivo lat. campanus <22> e secondo quanto aveva interpretato lo stesso Pais, sia pure con un vero e proprio lapsus, dato che in tutte gli altri luoghi in cui egli parla dei Patulcenses, li dichiara provenienti dalla Campania <23>. La ragione di questa possibile interpretazione è - a mio avviso - la seguente: nell' intera controversia giuridica che contrapponeva i Galillenses ai Patulcences il richiamo alla Campania come supposta terra di origine di questi ultimi non troverebbe alcuna motivazione di sorta. Invece, interpretando CAMPANI come «abitanti dei campi aperti», questa precisazione troverebbe una certa motivazione nel fatto che essi si contrapponevano ai Galillenses che invece erano di certo «abitanti della montagna».
Concludo però dicendo e sottolineando che neppure io escludo che quell' aggettivo CAMPANI possa fare riferimento alla Campania come terra di origine dei coloni chiamati Patulcenses, ma considerato che è linguisticamente possibile e legittima anche l' altra interpretazione, a me sembra che coloro che optano per la prima interpretazione abbiano il dovere di fornire altre prove a favore di essa.
Infine, quand' anche si dimostrasse che i Patulcenses venivano effettivamente dalla Campania, non si dica assolutamente che essi sarebbero arrivati nella zona sbarcando nella foce del Saeprus, cioè dell' odierno Flumendosa, e poi risalendo la sua vallata. Questa tesi può essere sostenuta solamente da chi non ha mai visto la vallata di questo fiume, il quale scorre in una zona accidentatissima e spesso addirittura in un lungo canalone incassato fra le rocce, dove non passano, non dico gli uomini né i muli e gli asini, ma neppure le capre.
 
(*) Massimo Pittau, La localizzazione dei Galillenses e dei Patulcenses in AA.VV., La tavola di Esterzili. Il conflitto tra pastori e contadini nella Barbaria sarda, Convegno di studi, Esterzili 13 giugno 1992, (a cura di Attilio Mastino), Sassari 1993.
N O T E
1 - G. Spano, Tavola di bronzo trovata in Esterzili (Sardegna), con Appendice di C. Baudi di Vesme, nelle «Memorie della R. Accademia delle Scienze di Torino», serie II, XXV, 1867 (1871), pagg. 3-15.
2 - B.R. Motzo, La vita e l' ufficio di S. Giorgio vescovo di Barbagia, in ASS, XV, 1-2, 1924, pag. 66.
3 - G.D. Serra, Il nome di Cagliari e la Galilea di Sardegna, nella rivista «Il Ponte», Firenze, 1951, VII, 9-10, pagg. 1008-1011; idem, Appunti su l' elemento punico e libico nell' onomastica sarda, nella «Vox Romanica», 13, 1953, pag. 51.
Ovviamente è da respingersi con decisione la tesi del Serra, secondo cui alla zona abitata dai Galillenses avrebbero dato la denominazione i Fenici, per nostalgico ricordo della Galilea della Palestina, la quale era attigua alla loro Fenicia. «Questa tesi del Serra - ho già avuto modo di scrivere nel mio libro Lingua e civiltà di Sardegna, Cagliari, 1970, pag. 53 - si sarebbe forse potuta accettare nel caso che della "Galilea di Sardegna" fosse esistita una sola denominazione generica, del tutto priva di riscontri toponomastici nel centro montano dell' Isola, dove la colonizzazione fenicia non è mai arrivata. Ma i fatti dimostrano tutto il contrario: la base Galil- è abbastanza riccamente e soprattutto diffusamente attestata nelle zone interne ed impervie del centro montano, dove forse non ha mai posto piede nessun Fenicio». Sia sufficiente citare il toponimo Galíle dell' agro di Orune.
Quasi certamente il toponimo Pulli citato dal Fara va letto Pauli = «palude».
4 - M. Bonello Lai, Sulla localizzazione delle sedi di Galillenses e Patulcenses Campani, in SS, XXV, 1978-1980 (1981), pagg. 29-43.
5 - P. Meloni, La Sardegna romana, Sassari, 1990, pagg. 82, 130, 135, 152, 161, 316, 333, 402.
6 - E. Cadoni, La Tabula bronzea di Esterzili (CIL X 7852 = ILS 5947), nei «Quaderni Bolotanesi», Sassari, XIV, 1988, pag. 253.
7 - Questa identificazione era stata già prospettata, sia pure in maniera ipotetica, da E. Pais, Ricerche storiche e geografiche sull' Italia antica, Torino, 1908, pagg. 587 e da P. Meloni, op. cit., pag. 132.
8 - P. Meloni, op. cit., pag. 309, giustamente parla di «prevalente aspetto militare del centro».
La forma Biora o Piora dell' Itin. Ant. 81 (ThLL s.v.) non trova alcun riscontro nel lessico latino né in quello paleosardo; ragion per cui io emendo la lezione in Flora. Questa divinità romana era conosciuta in Sardegna (cfr. P. Meloni, op. cit., pag. 395).
9 - P. Meloni, op. cit., pag. 161.
10 - G.D. Serra, Etruschi e Latini in Sardegna, in «Mélanges de Philologie Romane offerts a M. Karl Michaëlsson», Göteborg, 1952, pag. 443.
11 - Cfr. F. Pilia, Esterzili. Un paese e la sua memoria, Cagliari, 1986, pag. 37.
12 - E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il dominio romano, Roma, 1923, vol. I, pag. 134.
13 - V. Angius in G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il Re di Sardegna, Torino, 1843, XXIII, pag. 238 s. v. Trecenta.
14 - Cfr. V. Martelli, La Sardegna e i Sardi, Cagliari, 1926, pag. 31; O. Baldacci, I nomi regionali della Sardegna, Firenze, 1945, pag. 68 segg.; J. Day, Villaggi abbandonati in Sardegna dal trecento al settecento: inventario, Paris, 1973, pagg. 59-63.
15 - G. Spano, Vocabolario sardo geografico, patronimico ed etimologico, Cagliari, 1873, pag. 117.
Quest' operetta dello Spano ha qualche valore sul piano documentario, mentre ne ha quasi nessuno sul piano critico, ossia etimologico propriamente detto; cfr. M. Pittau, Giovanni Spano grammatico e lessicografo, in «Contributi su Giovanni Spano 1803 -1878», Sassari, 1979, pagg. 207-212.
16 - E' quanto ipotizza anche G.B. Pellegrini, Toponomastica Italiana, Milano, 1990, pag. 393, per toponimi italiani come Ducèntola, Trecèntola, Quaràntola ecc.
17 - Cfr. W. Schulze, Zur Geschichte Lateinischer Eigennamen, 2. Unveränderte Auflage, Berlin/Zürig/Dublin, 1966.
18 - Compare già in un documento medioevale del Codex Diplomaticus Sardiniae, di Pasquale Tola, Torino, 1861, XIII 43, pag. 336, come corti de funtana romana.
19 - Cfr. M. Pittau, Studi Sardi di linguistica e storia, Pisa, 1958, pagg. 93, 129-130.
20 - Cfr. M. Pittau, Lingua e civiltà di Sardegna cit., pag. 38.
21 - Cfr. Th. Mommsen, Gesammelte Schriften, Berlin, 1908, V, pagg. 325-351; A. Boninu, Per una riedizione della Tavola di Esterzili (CIL X 7852), nei «Quaderni Bolotanesi», Sassari, XIV, 1988, pagg. 231-245; A. Mastino, Tabularium Principis e Tabularia provinciali nel processo contro i Galillenses della Barbaria Sarda, ibidem, pagg. 265-286. Le altre citazioni bibliografiche sono state da me fatte nelle note precedenti.
22 - Cfr. Thesaurus Linguae Latinae, s. v.
23 - Cfr. E. Pais, Storia della Sardegna cit., vol. I, pag. 169: «i Patulcenses Campani, che, come indica lo stesso loro nome, abitavano le regioni piane limitrofe a quelle di quei montanari».

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