martedì 4 settembre 2012

Mariano III d'Arborea

MARIANO d’Arborea
Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2007)
di Mauro G. Sanna

MARIANO d’Arborea. – Giudice d’Arborea, terzo di questo nome, visconte di Bas, nacque nella seconda metà del secolo XIII, figlio del giudice Giovanni, detto Chiano, e di una concubina di nome Vera Cappai. Probabilmente Mariano fu associato al trono dal padre, che nel 1300 forse lo inviò a Pisa come ostaggio su richiesta del Comune, del quale era vassallo. Giovanni morì tra il 1304 e il 1307 senza aver avuto figli maschi dal matrimonio con Giacomina Della Gherardesca, figlia del conte Ugolino, che lasciò incinta di una bambina, Giovanna, morta minorenne. È possibile, ma non dimostrabile, che l’ascesa al trono di Mariano in condominio con il fratello Andreotto, di cui si ignora il nome della madre, fosse il risultato di accordi tra fazioni politiche. La prima attestazione del suo regno con il fratello è del 3 apr. 1307.

È l’atto di saldo di un mutuo di 116 fiorini d’oro compiuto da tale Bindo Porcacchia a favore di tale Colo di Gufa, entrambi pisani, redatto in «Arestanum insule Sardinie in apotheca domus magnificorum virorum dominorum iudicum Arboree», dove abitava il notaio redattore dell’atto, che evidentemente lavorava anche per i due giudici (Fadda). Per converso, Andreotto e Mariano, come i loro predecessori, avevano proprietà in Pisa: nella loro casa-torre «in capite Pontis Veteris», già di proprietà di Mariano (II), nel 1313 fu redatto un atto «in apotheca ballatorii» (Boscolo, p. 106). I due documenti testimoniano della stretta alleanza di Arborea con il Comune pisano risalente al nonno di Mariano, Mariano (II), e confermata durante il regno di Giovanni.
Dalla metà degli anni Cinquanta del XIII secolo, infatti, a seguito della caduta dei Giudicati di Cagliari e Torres, erano iniziati sull’isola processi di ricomposizione del potere politico-istituzionale. Tra 1256 e il 1257 il Comune di Pisa, alcune famiglie pisane e il giudice d’Arborea si erano spartiti il Giudicato cagliaritano dopo una guerra e il giudice arborense aveva ottenuto la signoria feudale di un terzo del territorio. In Torres, invece, la situazione precipitò nel 1259: una crisi dinastica favorì i giudici arborensi Guglielmo di Capraia prima e Mariano (II) poi. Dalla metà del Duecento sino agli inizi del XIV secolo il Comune di Pisa e alcuni cittadini pisani, tra i quali i giudici d’Arborea, controllavano quasi tutta l’isola, dato che anche i Visconti, giudici di Gallura, provenivano da quella città. Alcune aree del Turritano, invece, erano controllate dai Malaspina e dai Doria, oltre che dal neocostituito Comune di Sassari. A questo quadro si sovrappose nel 1297 l’infeudazione del Regnum Sardiniae et Corsicae conferita da Bonifacio VIII a Giacomo II d’Aragona nel tentativo di risolvere la guerra del Vespro.
Rispetto agli anni Sessanta-Novanta del XIII secolo – quando Mariano (II), alleato e vassallo di Pisa, aveva esteso il proprio potere al di là dei confini tradizionali dell’Arborea, divenendo signore anche dei distretti di Montiverru, Monteacuto e Goceano nell’ex Giudicato di Torres, oltre ad avere la signoria della terza parte dell’ex Giudicato di Cagliari (che prima della sua morte, avvenuta entro il dicembre 1297, aveva ceduto al Comune di Pisa) – il rapporto tra il Comune di Pisa e Andreotto e Mariano doveva essere piuttosto sbilanciato in favore della città. Nel settembre 1307, infatti, i consoli dei mercanti pisani di Oristano fecero redigere una copia dell’atto del 1206 con il quale si stabilivano i confini tra il Giudicato d’Arborea e quello di Cagliari (Solmi, p. 196). Nello stesso periodo i castelli di Marmilla e di Monreale, dei quali pure i due giudici mantenevano la proprietà, passarono sotto il controllo del Comune di Pisa.
Il condominio tra Mariano e Andreotto durò almeno sino al 1309: il 30 marzo 1308 papa Clemente V scriveva «dilectis filiis nobilibus viris Mariano et Andreocto vicecomitibus de Basso et iudicibus Arboree» annunciando loro di aver assegnato alla sede arcivescovile d’Arborea il pisano Oddone Sala (Scano, 1940, p. 229); l’anno dopo, a conferma della salda alleanza tra Giudicato d’Arborea e Comune di Pisa, i due giudici sono citati nelle trattative che avrebbero dovuto portare Pisa a dichiararsi vassalla di Giacomo II d’Aragona in cambio del controllo commerciale sulla Sardegna. Tutti i territori della città sarebbero passati a Giacomo, salvo i feudi dei Donoratico e i domini dei fedeli pisani Mariano e Andreotto.
Il 31 marzo 1310 Mariano sembra regnare già da solo, a causa della morte del fratello, perché l’atto di affidamento a Barisone, Giovanni de Ponte, Giovanni de Scano e Giorgio Secchi della custodia del ponte sul Tirso di Oristano ha la sua sola firma (Codex, pp. 505 s.).
Le poche fonti non consentono di ricostruire accuratamente l’attività politica e istituzionale di Mariano: non è perciò possibile affermare un netto incrinarsi dei rapporti tra lui e Pisa, che avrebbe avallato le pretese sul Giudicato della moglie del padre di Mariano, Giacomina Della Gherardesca. Ad aumentare la maldisposizione di Mariano verso il Comune e a favorire un suo avvicinamento a Giacomo d’Aragona che si sforzava – non senza successo – di creare un fronte antipisano sull’isola, nel 1312 Pisa avrebbe imposto a Mariano il matrimonio con Costanza di Montalcino e l’acquisto dei diritti di successione del Giudicato da Enrico VII (Casula, p. 2026). In realtà tutto quello che si può dire è che il 30 dic. 1312 il pontefice Clemente V concesse a Costanza e a Mariano la dispensa dalla consanguineità di terzo grado per concludere il loro matrimonio, avvenuto solamente «per verba» (Scano, 1940, pp. 237 s.).
Così, se è vero che nel 1329, otto anni dopo la morte di Mariano, Giacomina Della Gherardesca ottenne da Ludovico il Bavaro il riconoscimento dei suoi diritti su non meglio specificati «bona feudalia» del defunto marito Giovanni d’Arborea, tuttavia nel documento non si fa riferimento ai diritti sul Giudicato. Sembra più facile ipotizzare che l’atto si riferisse a beni di diritto imperiale che il defunto deteneva su territori peninsulari (Codex, pp. 692 s.). Beni per i quali, come informa lo stesso documento, Mariano aveva ottenuto il riconoscimento da Enrico VII in un momento imprecisato del suo regno, quasi certamente durante la sua permanenza in Italia e forse a Pisa nel marzo del 1312, senza che risulti dal testo una costrizione in tal senso od opposizione del Comune, tantomeno in favore delle pretese della stessa Giacomina.
Mariano ospitò nel 1314 a Oristano Maria di Lusignano, sorella del re di Cipro, diretta in Catalogna per sposare Giacomo II d’Aragona, ma questo atto può essere interpretato come una cortesia nei confronti di una nobile in viaggio verso una corte che aveva rapporti parentali con l’Arborea da circa 150 anni. Comunque, nel 1318 l’alleanza con Pisa sembrava essere salda: in quell’anno i consoli del Mare di Pisa si rivolsero agli Anziani del Comune affinché scrivessero a Mariano «quod gratia et amore Pisani communi debeat destruere villas et terras» di Branca Doria (Scano, 1982). Non è noto l’esito di questa richiesta, né altre attività politiche o militari di Mariano, che pure forse riuscì entro la fine del suo regno a strappare ai Malaspina la città di Bosa completando l’espansione, iniziata dal nonno, nell’area sudoccidentale dell’ex Giudicato di Torres.
Secondo un documento edito integralmente (in Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea), Mariano morì «sine prole» verso la metà di aprile 1321.
Gli successe Ugone (II), che non era suo figlio ma suo zio (ibid., p. 11). Questo dato, incrociato con le notizie del testamento dello stesso Ugone, che si dice figlio di un giudice Mariano, permette di affermare che il padre di Ugone fosse Mariano (II) e la madre una concubina di nome Padulesa de Serra, che non fu perciò, come sinora ritenuto, concubina di Mariano (III). 

Fonti e Bibl.:
Codex diplomaticus Sardiniae, a cura di P. Tola, I, Augustae Taurinorum 1861, pp. 505 s., 692 s.;
A. Solmi, Un nuovo documento per la storia di Guglielmo di Cagliari e l’Arborea, in Arch. stor. sardo, VI (1908), pp. 193-212;
D. Scano, Codice diplomatico delle relazioni tra la S. Sede e la Sardegna, I, Cagliari 1940, pp. 229, 237 s.;
V. Salavert y Roca, Cerdeña y la expansión mediterránea de la Corona de Aragón 1297-1314, Madrid 1956, II, doc. 392;
Ranieri Sardo, Cronica di Pisa, a cura di O. Banti, in Fonti per la storia d’Italia [Medio Evo], XCIX, Roma 1963, ad ind.;
B. Fadda, Le pergamene relative alla Sardegna nel Diplomatico della primaziale dell’Arch. di Stato di Pisa, in Arch. stor. sardo, XLI (2001), doc. LII;
Diplomatario aragonés de Ugone II de Arborea, a cura di R. Conde y Delgado de Molina, Sassari 2005, doc. 1;
A. Boscolo, I conti di Capraia, Pisa e la Sardegna, Sassari 1966, ad ind.;
D. Scano, Ricordi di Sardegna nella «Divina Commedia», Sassari 1982, p. 99;
A. Soddu - F.G.R. Campus, Le curatorìas di Frussia e della Planargia, dal Giudicato di Torres al Parlamento di Alfonso il Magnanimo (1421);
Dinamiche istituzionali e processi insediativi, in Suni e il suo territorio, a cura di A.M. Corda - A. Mastino, Ortacesus 2003, ad ind.;

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