martedì 31 gennaio 2012

SIMIERI (Suelli)

(cliccare sull'immagine per ingrandire)


SIMIERI
di Sergio Sailis

Nomi alternativi:
Simieli

Descrizione e localizzazione geografica:
I.G.M.: Foglio 548 sezione IV – Senorbì, scala 1:25.000 

Verso la metà dell’800 Angius commentando i ruderi di antichi abitati situati nelle vicinanze di Senorbì scriveva: “… A settentrione in distanza dal paese di un terzo di miglio era il villaggio di Simieri …”. Il villaggio sorgeva infatti a breve distanza dal centro abitato di Senorbì (dal quale distava circa 1 km in direzione ovest) ed era situato nell’estremità meridionale dell'attuale territorio di Suelli. Era localizzato su un pianoro che degrada nella valle del Riu Canali e del suo affluente Riu Cixi; da questo punto si domina tutta la conca centrale della Trexenta che in periodo medioevale era in parte ricoperta da paludi bonificate solo in tempi recenti. 


La zona risulta frequentata sin dal periodo nuragico; nelle immediate vicinanze infatti si trova il “Nuraxi Mannu de Simieri” e, a circa 800 metri più a nord nord- ovest, poco distante dai ruderi della chiesa di N.S. d’Itria, il nuraghe “Corru Cottu” ormai quasi completamente distrutto. Qualche centinaio di metri più a sud, in agro di Senorbì, inoltre il Taramelli riportò del ritrovamento di una tomba a fossa di epoca nuragica nella quale si rinvennero i resti di 5 lamine in bronzo probabilmente attribuibili ad una corazza ed i frammenti di una spada che, per le sue dimensioni, ipotizzò fosse ad uso votivo.

Simieri confinava con Cixi, Senorbì, Villacampo, Ortacesus e Arcu. 

Per raggiungere il sito, dalla periferia di Senorbì si prende la S.P. 40 in direzione Selegas, dopo circa 600 m. si svolta a sinistra in una stradina campestre (che porta ad un serbatoio idrico e al “Nuraxi Mannu de Simieri”) e la si percorre per altri 650 m. circa. Dell’antico insediamento ormai non rimane traccia in quanto i terreni sono intensamente sfruttati a scopo agricolo; si notano solo mucchi di pietrame derivati dalle opere di spietramento. 

Notizie e documenti storici:
Nell’ultima fase della sua esistenza il villaggio di Simieri ebbe un periodo alquanto travagliato in quanto fu oggetto di dispute, con risvolti anche violenti, tra il Vescovo di Suelli ed i feudatari catalano-aragonesi. Infatti nel XIII sec. i Giudici di Cagliari donarono la “villa” al vescovato di Suelli ed in epoca aragonese (e forse ancor prima in epoca pisana) nacquero dei forti contrasti per il possesso del villaggio; queste contese sfociarono in una vertenza giudiziaria che si protrasse sino alla fine XV sec. e si concluse con la reintegrazione dei diritti vantati dal suddetto vescovato. 

La prima attestazione della “villa” dovrebbe essere in un documento, pubblicato dal Solmi nelle cosiddette “Carte volgari campidanesi”; in particolare nella Carta XI giugno 1215, la giudicessa di Cagliari, Benedetta, conferma al vescovado di Suelli le concessioni fatte in precedenza dai giudici cagliaritani a favore di S. Giorgio accrescendole di nuove . In questo documento si ripercorre la donazione della villa di Suelli effettuata da Torchitorio e la donazione della villa di Simieri successivamente fatta da sua moglie Nispella.
Secondo il Solmi con questa cessione al vescovado di Suelli venne concessa anche l’esenzione finanziaria e giurisdizionale sul villaggio. 

Il villaggio è menzionato inoltre nella cosiddetta “donazione della Trexenta” nella quale “sa villa de Simieli” faceva parte delle ville donate da Torchitorio a suo figlio Salusio; non sono però riportati i confini in quanto la villa era posta all’interno della Curatoria.

Si può notare subito che questi due documenti (peraltro entrambi sospettati essere dei falsi o perlomeno oggetto di interpolazione in epoca catalana) sono contrastanti in quanto nell’arco di pochi anni il villaggio venne donato dai Giudici cagliaritani una prima volta al Vescovo di Suelli e successivamente a Salusio.

Dopo la scomparsa e lo smembramento del Giudicato di Cagliari avvenuta nel 1257-58 un terzo del territorio giudicale, tra cui anche la Trexenta, fu assegnato a Guglielmo di Capraia che era anche Giudice di Arborea. A Guglielmo successe Mariano di Bas il quale nominò il Comune di Pisa erede universale. Alla morte di Mariano seguirono una serie di contese tra gli eredi Capraia e Pisa, e i territori facenti parte del terzo cagliaritano furono acquisiti dal comune pisano nel 1307.

A partire dal 1313 Pisa prese ad amministrare direttamente i territori della Trexenta, nominando dei rettori e dei funzionari, e procedendo a periodici censimenti fiscali denominati appunto “Composizioni”. 

Dalla “Composizione“ pisana del 1320-1322 emerge che Simieri contribuiva alle entrate del comune toscano complessivamente con 17 lb e 1 soldo (dei quali “pro datio” lb. 5, “pro dirictu tabernarum vini” lb. 1, “pro liber terralis ab equo per Guantinus Sunius” lb. 6, “pro quondam signo vacharium” s. 16 e “pro quondam saltu” lb. 4) oltre che con 24 starelli di grano e 18 di orzo. 

Successivamente dopo l’invasione dei catalano-aragonesi del 1323 il villaggio, in data 11 luglio 1324, venne concesso in feudo dall’Infante Alfonso al catalano Pere de Montpaó unitamente alle ville di Senorbì e Sebera anch’esse in Trexenta. L’Angius ci aggiunge anche il villaggio di S. Pietro senza però specificare la fonte da cui trasse l’informazione.
Il possesso del feudo da parte del catalano fu di breve durata in quanto dopo la ripresa delle ostilità tra gli aragonesi e Pisa e la definitiva sconfitta di quest’ultima si addivenne alla pace del 25 aprile 1326 con la quale la Corona d’Aragona concesse in feudo al comune toscano le curatorie di Trexenta e di Gippi e riprese ad amministrarle mediante propri funzionari.  

Nel 1353  Antonio Curria, un abitante di Simieri forse appartenente alla categoria dei “liberi et terrales ab equo”, al servizio dell’iglesiente Alibrando de Asseni, dopo essere stato catturato a Sindia dagli arborensi rischia di essere ucciso in quanto accusato di essere al servizio dei catalani. 

Dalla successiva“Composizione” pisana del 1359, molto più dettagliata rispetto a quella del 1320-1322, rileviamo che:
“Villa Simieri” contribuisce con un versamento in moneta di 8 libbre e 10 soldi (dei quali “pro datio” libbre 7 e “pro dirictu tabernarum” 1 libbra e 10 soldi. Il villaggio inoltre contribuivano con 26 starelli di grano e altrettanti d’orzo per i quali i “palators” a loro volta contribuivano “una tantum” con uno starello di grano ed uno d’orzo.
Come al solito il documento riporta inoltre, per ogni ciascuna categoria contributiva, il nominativo e le stime reddituali dei singoli contribuenti. Infatti tra i “maioribus” che possedevano due gioghi vengono annoverati:
Johannes Mura stimato per 20 libbre; Gonnarius de Campo stimato per 38 libbre; Molentinus de Asseni stimato per 66 libbre;
Tra i “minoribus” che possedevano un solo giogo troviamo:
Barsuolus Corruppis stimato per 14 libbre; Johannes Sella stimato per 15 libbre; Caro Corruppis stimato per 9 libbre; Henrigus Capillo stimato per 6 libbre;
Tra i “palatores” vengono citati:
Pasqualinus Sella stimato per 2 libbre; Johannes Dessi stimato una libra;
Infine nella categoria dei “liberi et terrales ab equo” troviamo:
Antiocus Curria e Gonnarius Curria. 
Simieri viene altresì ricordata nei conti del sale; infatti nel periodo 1355-1356 e 1361-1363 per la “villa” vengono riportati 4 acquirenti di sale dalle saline di Cagliari.

 Nel 1365, dopo un periodo di stasi, la guerra tra Arborea e Aragona si riacutizza e le truppe del giudice Mariano IV d’Arborea invadono i territori aragonesi del Regno di Sardegna e quindi anche la Trexenta; il 18 ottobre 1365 il vicario del comune pisano in Trexenta, Filippo della Scala, viene impiccato dagli arborensi durante l’assedio del castello di Sanluri davanti agli occhi di Alberto Zatrillas Governatore del Capo di Cagliari e Gallura. Con questo episodio ha probabilmente fine la storia dei possedimenti pisani in Sardegna dopo alcuni secoli di dominazione più o meno diretta.

Dopo la sconfitta arborense a Sanluri del 30 giugno 1409 la curatoria trexentese venne amministrata direttamente dalla Corona d’Aragona anche se dalla documentazione non è ben chiaro quando effettivamente cessò il possesso da parte degli arborensi e quando gli aragonesi ripresero il controllo del territorio. Sappiamo comunque che la Trexenta il 10 febbraio 1421 venne concessa per meriti militari al catalano Giacomo de Besora e che tale concessione venne successivamente rinnovata in data 31 luglio 1434. 

I primi contrasti tra il Vescovo di Suelli e gli aragonesi si ebbero ancor prima dell’infeudazione a Giacomo de Besora ma con questi si acutizzarono in quanto, benché la villa di Suelli non gli fosse stata concessa in feudo come il resto della Trexenta, era entrato a mano armata nei territori del villaggio rivendicandone il possesso e alterando i confini tanto da essere scomunicato.

Le rivendicazioni dei feudatari iberici continuarono anche con gli eredi del De Besora. Infatti suo genero Pietro De Sena fu anch’esso scomunicato per aver compiuto danneggiamenti nei territori di Suelli e relative pertinenze.  

Il procuratore reale in data 2 maggio 1419 dopo essersi in un primo momento opposto alla sentenza del Governatore di Cagliari e Gallura, favorevole al vescovo di Suelli Gerardo, rinuncia ad ogni appello e in data 6 maggio ordina all’ufficiale della Trexenta di non molestare il vescovo per il possesso della villa di Simieri. 

1419 6 maggio Jacme Canamas, procuratore reale del Regno di Sardegna, ordina a Bernardi Rolf, ufficiale della Trexenta, di non molestare Gerau, vescovo di Suelli, nel possesso della villa di Simieri e nella riscossione delle rendite e frutti della stessa, in quanto la villa era stata donata alla chiesa di “Sanct Jordi de Suelli” dal giudice Trilodhori, come risulta anche da una sentenza emessa da Acart de Mur, governatore dei capi di Cagliari e Gallura.  
1419 18 maggio Johannes Balagerii, messo della Procurazione reale, certifica di aver consegnato a Geraldus, vescovo di Suelli, la lettera con la quale Georgius Oliverii, procuratore reale, in risposta alla lettera con cui gli viene minacciata la scomunica qualora non renda la villa di Simieri entro 3 giorni, propone di attendere a riguardo la sentenza del viceré. 

In un documento redatto da un regio notaio datato 18 maggio 1419 vengono trascritte le sentenze relativa alla causa in corso. 
Il 13 giugno 1444 re Alfonso V emana un decreto per rimettere in possesso del feudo Giovanni Matteo, arcivescovo di Cagliari e vescovo dell’unita diocesi di Suelli (infatti nel frattempo il Vescovato di Suelli era stato incorporato da quello di Cagliari) e altrettanto dovette fare qualche anno dopo re Giovanni in favore dell’arcivescovo Ludovico. 

La vicenda giudiziaria però non si conclude ancora e ne ritroviamo gli echi in un altro documento di epoca aragonese datato 15 aprile 1455. Si tratta della definizione dei limiti territoriali a seguito della causa intentata ai feudatari, Pietro De Sena e Aldonsa de Besora (per conto dei propri figli tra i quali Marchesia maritata con il De Sena) dall’Arcivescovato di Cagliari per il possesso delle ville di Cixi e Simieri. In questo documento vengono inoltre specificati anche i confini delle due ville:
“… Lo salt de (Sigi) Sixi comensa del capigellu de rohines de olari dret a pradais e torrasi a fontana de donigellu e torrat a forru e calasi a petra de frahilis e dacundi si vadi ad orruhinas de sali e calasi per isu vaco de moronu e calasi at su nurasolu qui est supra nuragi de flacu e incurbasi a su bau de caoru de Sihuni.
Lo salt de Simieri de pradais sera serra finta su nuraxi mannu de Simieri e falat a su nuraxi pitxinnu suta Simieri e collat bia infra Simieri e Archu finta su monumentu de Gonnari probu s.arbori incurvada e de su monumentu bat ha su brunchu de sa canna inplasandu cortis de sayli e aqua sarsa … “ 
La lite comunque continuò anche con i successivi signori della Trexenta. Infatti il 22 ottobre 1474 con una nuova carta del re Giovanni il vescovo viene definitivamente reintegrato nel possesso del villaggio che era stato occupato da Salvatore d'Alagon.

La "villa" risulta abbandonata tra il 1416 e il 1419. Fara lo dà per sicuramente disabitato nel 1584.


Edifici di culto:
Non sono noti edifici di culto.

Sergio Sailis


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